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Castelleone, riflessioni sull’8 marzo della consigliera Loretta Lorenzetti

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Loretta LorenzettiL’8 marzo ricorre quella che siamo abituati a chiamare la Festa della Donna, una Celebrazione Internazionale che ha lo scopo di ricordare le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, ma anche le discriminazioni e le violenze cui sono ancora oggetto in molte parti del mondo.



Questa celebrazione ha origini lontane, e sulla sua nascita circolano tante versioni, dalla morte di centinaia di operaie nel rogo di una fabbrica di camicie avvenuto nel 1908 a New York alla presunta repressione di una manifestazione sindacale di operaie tessili tenutasi a New York nel 1857; versioni di cui non esistono testimonianze storiche verificabili e che sembrerebbero quindi inventate o quantomeno falsate.

In Italia la Giornata internazionale della donna fu tenuta per la prima volta nel 1922, per iniziativa del Partito comunista d’Italia, che la celebrò il 12 marzo, prima domenica successiva all’8 marzo; successivamente l’UDI, Unione Donne in Italia, nato a Roma nel 1944, prese l’iniziativa di celebrare l’8 marzo 1945, la prima giornata della donna nelle zone dell’Italia libera e, con la fine della guerra, l’8 marzo 1946 fu celebrato in tutta l’Italia e vide la prima comparsa del suo simbolo, la mimosa, che fiorisce proprio nei primi giorni di marzo.

Nel 1977 questa divenne la data ufficiale di molte nazioni per la celebrazione della “Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e per la pace internazionale” (“United Nations Day for Women’s Rights and International Peace”), istituita su proposta del l’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

In questi decenni tanti passi sono stati fatti per la tutela dei diritti della donna, ma la strada è ancora lunga; viene da chiedersi quale sia la valenza della Giornata Internazionale della Donna oggi, in questo periodo storico in cui sentiamo tanto spesso parlare da un lato di “parità di genere” e dall’altro lato, quello oscuro, di “violenza di genere”.
Di storie di “violenza di genere” sono pieni i giornali, storie di donne vittime di abusi e violenze, dalla sottomissione psicologica fino all’uccisione, da parte di uomini senza volto o, spesso, da parte di mariti, compagni, fratelli, padri.

Di storie sulla “parità di genere” invece non leggiamo mai, sono le storie di tutte quelle donne che ancora oggi sono spesso costrette a scegliere se dedicarsi alla famiglia o alla carriera, che non significa semplicisticamente diventare manager di una multinazionale, ma anche semplicemente poter svolgere un lavoro dignitoso che consenta una realizzazione e una soddisfazione personali; e che quando scelgono invece di portare avanti lavoro e famiglia, o quando sono costrette a questa scelta per motivi economici, lo fanno con grandi sacrifici, barcamenandosi ogni giorno tra mille impegni, correndo lungo una sorta di percorso ad ostacoli tra l’accompagnare i figli a scuola, fare la spesa, occuparsi della casa e, nel mezzo, lavorare; senza dimenticare il fondamentale ruolo affettivo ed educativo che la donna quasi automaticamente acquisisce diventando mamma.
Molto spesso ci si trova poi a fare i conti non solo con le difficoltà organizzative, con la stanchezza, con gli orari pressanti, ma con le mille paure e dubbi, a volte sensi di colpa, che una donna prova in questa dimensione multitasking: non si è mai sufficienti, e sufficientemente brave, in nessuno dei tanti ruoli che la donna/moglie/mamma/lavoratrice svolge quotidianamente.

E la tanto sbandierata “parità di genere” rimane molto spesso solo uno slogan di cui si fanno belli i nostri politici, perché di fatto i servizi a sostegno del ruolo fondamentale che svolge la donna sono ancora tanto, troppo, carenti, lo dimostra sicuramente anche il risultato del Global Gender Gap Report, il Rapporto Globale sulla Disparità di Genere, che nel 2014 ha collocato l’Italia al 69° posto nella classifica mondiale.

Certo non mi sento rassicurata quando leggo che l’introduzione del servizio di parrucchiere per signore a Montecitorio viene considerato una conquista per la parità, forse sarebbe stato un po’ più urgente e importante migliorare, se non istituire ex-novo, tutti quei servizi e contributi che uno stato dovrebbe erogare affinché ci sia una vera libertà e parità per le donne.

Quindi l’8 Marzo ben venga per celebrare la Donna, ma non rimanga solo un’accozzaglia di belle frasi, manifesti e fiori gialli; sarebbe bello pensare a questa data come ad una scadenza annuale, una sorta di bilancio, in cui si verificano i progressi che si sono realizzati a tutela e a sostegno della donna sulla base di un programma e di un progetto concreto che i nostri politici dovrebbero portare avanti tutto l’anno.
Questo è il mio augurio per la Festa della Donna, un augurio che faccio a tutte le donne a cominciare da me stessa.

da Loretta Lorenzetti
Consigliere Comunale di Castelleone di Suasa

Redazione Valmisa
Pubblicato Venerdì 6 marzo, 2015 
alle ore 14:56
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