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Migliaia di persone da tutta la provincia per il venerdì santo di Ostra

Il ricordo della Passione del Cristo, celebrato il giorno prima, viene rivissuto interamente nelle parole e nel dolore della Vergine Santissima

Ostra

Ad Ostra (AN) le celebrazioni del Venerdì Santo, che da secoli si tramandano di generazione in ge¬nerazione, assumono un’austera grandiosità, grazie anche alla Confraternita della Pia Unione del Sangue Giusto, costituita da laici con a capo un governatore.

Dal primo mattino, la città cambia aspetto ed il solito mercato del venerdì, che da sempre fa da sfondo a tale giornata, sembra anch’esso diverso. È un continuo ed interrotto pellegrinare di fedeli verso il Santuario del SS.mo Crocifisso, dove è posto alla venerazione, preghiera e ammirazione di tutti l’artistico “cataletto” del “Cristo Morto”.

Al termine della suggestiva funzione delle “Tre ore d’agonia” presso la chiesa collegiata di Santa Croce, dove hanno già preso posto il “cataletto” e la statua della Vergine Addolorata, appena la Città si confonde con le prime ombre della notte, inizia silenziosamente a prendere corpo l’imponen¬te corteo. Anni fa in questi momenti si spegnevano anche le luci della pubblica illuminazione e la città si avvolgeva nel buio. Le piazzette, le strade, tutto assumeva un aspetto di maggiore suggestività, accresciuta dal tremolante chiarore delle torce e dei piccolissimi lumi alle finestre di centinaia e centinaia di abitazioni.

Vicino al “cataletto” i “sacconi”, uomini vestiti di un lungo camice rossastrovinaceo cinto alla vita da una rozza corda; ciascuno di loro reca un oggetto dei “misteri della passione” di nostro Signore Gesù Cristo, come il gallo, la spugna, i chiodi, la corda, la lucerna, il calice, la corda, la scala, e i dadi. Avanti ai “sacconi” i membri associati delle altre Confraternite, con candele grondanti di cera.

L’elemento centrale del corteo è però il “cataletto”: è questa una grande “macchina” in legno e tela, dipinta ed ornata da valenti artigiani un secolo e mezzo fa. La macchi¬na, pesante circa tre quintali e raffigurante un “lettuccio” funebre dove giace il “Cristo Morto” ricoperto da un soffice velo, è portata a spalle da 12 confratelli della Pia Unione, a turno di quattro alla volta.

Un’antica credenza vuole che uno dei componenti dell’abitazione, davanti la quale si ferma il “cataletto” del “Cristo Morto” per permettere il cambio tra i portatori, è destinato nel corso dell’anno a morire. Di questa credenza nel passato si sono occupate anche le autorità, denunciando l’infondata superstizione. Comunque il cambio ora viene fatto in corsa, ma a volte qualcuno non riesce ugualmente a sopportare il pesante “fardello” ed il gruppo è ugualmente obbligato a fermarsi.

Dietro al cataletto una miriade di donne, in nero con candele accese precedono la statua della Vergine Addolorata. Al canto di “Sono stato io l’ingrato …” la processione percorre le principali vie del paese fino al ritorno nella chiesa di S.Croce. L’indomani, all’alba viene ricordata l’ora della “desolata”: è questa una funzione mi¬stica, ricca di fede, tradizione e folclore tutta da riscoprire: infatti, per una serie di disparati motivi, tale funzione in questi ultimi lu¬stri ha perso il contributo del grande pubblico.

Il ricordo della Passione del Cristo, celebrato il giorno prima, viene rivissuto interamente nelle parole e nel dolore della Vergine Santissima.

Al termine, un corteo accompagna la Santa Immagine presso la sua sede: il Palazzo Luzi dove dal 1858 viene conservato il “simulacro” portato in trionfo il Venerdì Santo per le vie della città.

Le campane, che nei tre giorni dal Giovedì al Sabato Santo si dicono “legate”, tacciono. Aspettano anche loro il lieto evento del Cristo risorto.

Giancarlo Barchiesi

Redazione Senigallia Notizie
Pubblicato Giovedì 13 aprile, 2017 
alle ore 19:32
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