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Val Mivola - Borghi di Velluto 2025 - A spasso per la Val Mivola - Ostra Vetere

Storia, non story. Persone riunite per ascoltare voci: un esercizio di memoria collettiva

Nell'Anniversario della Liberazione di Trecastelli dal nazifascismo, la serata ha visto gli smartphone restare silenziosi in tasca

Liberazione di Ripe di Trecastelli

“Ma come? Davvero nessuno ha fatto una foto o un video col cellulare? Nessuno ha messo neanche una story su Instagram?”

Eppure a Ponte Rio di Trecastelli, al circolo Arci, sabato 9 agosto, in piena stagione di “movida” estiva, niente folla con tagli di capelli improbabili e vestiti retrò, niente “call”, “talk” o “exhibition” patinate, come negli eventi trendy: solo un gruppo di persone riunite per ascoltare voci: quelle di Armanda Montesi, Gilberto Cioci, Libero Grossi, Tullio Lepri Berluti e altri. Voci che sopravvivono grazie alla paziente opera di registrazione e ricerca di alcuni studiosi, anche se i quelle persone (preziosi testimoni) non sono più tra noi.

Oggi, grazie ai social che ti spingono a mostrarti, filmare è diventato una specie di sport nazionale. Inoltre proliferano progetti nostalgici tipo “Il nonno racconta…”. Tutto legittimo, certo.

Ma qui il copione era diverso: un piccolo esercizio di memoria collettiva, dove i racconti orali sul fascismo, la guerra e la Resistenza si intrecciavano a documenti scritti e alla voglia di capire il presente con gli strumenti della storia e con la pratica (ormai questa sì, decisamente retrò) dell’ascolto vero. Un po’ come undici anni fa, quando persone di tutte le età si incontrarono alle otto del mattino alla Martuccia (Castel Colonna) per rievocare la battaglia combattuta in quella zona e riflettere insieme sul senso di quegli eventi. Prima di quell’evento non veniva celebrato l’Anniversario della Liberazione di questi luoghi, poi anche le istituzioni pubbliche hanno cominciato a farlo.

Nell’Anniversario della Liberazione di Trecastelli dal nazifascismo, la serata (organizzata da Anpi) ha visto gli smartphone restare silenziosi in tasca (senza che nessuno avesse invitato a farlo come a teatro), mentre orecchie, menti e cuori erano sintonizzati sulle parole vive di chi aveva vissuto quei giorni e visto quegli eventi che oggi tendiamo a dimenticare in fretta o a credere di conoscere semplicemente avendo letto qualcosa sui social. Magari questo articolo finirà proprio sui social. E va bene. Ma, sorpresa: anche senza reel su Tik-Tok, si può comunicare. A volte pure meglio.

Massimo Bellucci

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