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Politiche di gestione del territorio a Corinaldo: punti di vista dal basso

Fonte Borra, a CorinaldoLe piogge del 3 maggio 2014 hanno concretizzato le nostre preoccupazioni e frane di notevoli entità si sono verificate in molti posti critici del nostro territorio, mostrando ai più solo i già ingenti guai lungo le strade. La pluriennale mancanza di rispetto delle norme basilari del Regolamento di Polizia Rurale, anche se datato 1932 e aggiornato brevemente nel 2010, sembra autorizzare ormai tutti al libero arbitrio, relegando il contenimento dei danni per il rispetto delle regole alla sfera della coscienza dei singoli. Danni che, stante all’Amministrazione Comunale, solo per il 3 maggio si quantificano in oltre 2 milioni di euro.



Fin dal 2012 abbiamo segnalato più volte la mancanza di cura su Fonte Borra portando il caso come esempio di come viene gestito il territorio rurale in genere. Avremmo così voluto stimolare una riflessione condivisa attorno alla Fonte e non solo, e mai avremmo pensato che questa Amministrazione avesse silenziosamente tentato di svincolarsi dal confronto ricorrendo all’unica soluzione conosciuta da chi li ha preceduti, cioè al tentativo di sbarazzarsene con la vendita.

Abbiamo motivo di ritenere che le vendite non faranno che peggiorare la situazione e ora più che mai sosteniamo invece che la prevenzione debba passare necessariamente per la conservazione e, rispettando il pur vetusto sopracitato regolamento, anche la manutenzione diverrebbe economica e plurifunzionale. Anche gli antichi tratturi in terra battuta che ci siamo permessi di analizzare, se realizzati con adeguati fossati laterali per la raccolta delle acque, riuscirebbero a durare nel tempo e a servire il territorio senza bisogno di particolari manutenzioni straordinarie.

Non comprendiamo perché l’Amministrazione continui a dire che gli oneri di spesa dell’apparato stradale rurale sottoutilizzato (molto del quale rimasto visibile solo sulle mappe) siano così elevati da giustificarne la dismissione, quando tutti sappiamo che il Comune raramente se ne occupa (e quando lo fa, il più delle volte è per sopperire alla negligenza di altri) lasciando lo stato di conservazione al buonsenso dei frontisti o (e qui a volte si aggravano i problemi) a quello dei terzisti operanti nei terreni non loro e lontani dalle proprie abitazioni.

Lo sviluppo del turismo sostenibile passa inevitabilmente per la riscoperta di questi luoghi dimenticati, Austria e Tirolo ne sono un noto esempio, e semmai dovremmo iniziare a ragionare al contrario, ripensando alla riapertura dei tratti dismessi in passato. Queste sono le infrastrutture necessarie per permettere fattivamente al visitatore e anche ai corinaldesi da tempo privati da questo diritto, di immergersi nel Paesaggio Agrario Storico, una delle poche risorse certe che caratterizzano il nostro territorio.

La riscoperta delle strade rurali secondarie non è solo un esempio di progetto che vorremmo che si realizzasse, ma il risultato di un metodo di lavoro da condividere assieme. Un metodo che prima individui ed analizzi i problemi (dilavamento dei campi, costi relativi allo smaltimento del fango post precipitazioni nelle sedi stradali) poi punti a generare delle soluzioni (percorsi naturalistici ciclo pedonali, realizzazione di fossi e capezzagne, piantumazione di scarpate a rischio franoso in contrapposizione alle antiestetiche, distruttive e costose cestonate e palizzate in cemento alle quali si ricorre quando il guaio è ormai degenerato) pensato da portatori diversi di interessi (amministratori, agricoltori, associazioni, ecc.) innescando processi virtuosi di autodisciplina (manutenzione preventiva delle soluzioni proposte, presenza più costante di diversi soggetti, consapevolezza diffusa dei problemi) e favorendo la microeconomia locale (conservazione del paesaggio, attrattività turistica, promozione prodotti agroalimentari, svago per i cittadini).

A tutt’oggi non ci è ancora del tutto chiaro quello che l’Amministrazione sta facendo su questo tema: degna di un elogio per l’istituzione delle Consulte cittadine, un po’ meno per l’utilizzo che finora ne ha fatto (Consulta Territorio, Ambiente, Att. Produttive, Turismo, Qualità Urbana). Quando non si agevola il coinvolgimento nei processi progettuali iniziali, cioè nella fase di analisi dei problemi e ci si propone a decisioni già prese, come avvenuto recentemente con il piano del traffico, si ha l’impressione che la Consulta sia stata usata più come uno scudo a protezione di eventuali critiche che per ricercare una fattiva collaborazione. Altro caso degno di citazione è stato quello delle piste ciclabili, quando l’Assessore di riferimento ci contattò dopo che organizzammo un incontro pubblico e uscimmo con un comunicato stampa quando ormai erano suggeribili solo piccoli aggiustamenti.

Quello che dà nell’occhio nell’operato di questa Amministrazione è l’utilizzo di un metodo progettuale che porta a separare non solo le diverse problematiche tra loro ma anche i soggetti in campo, sfavorendo le sinergie. Per lo studio della gestione del territorio si è cercata l’Università Politecnica delle Marche, per non ancora chiare finalità; per la realizzazione delle piste ciclabili si è cercato un finanziamento regionale senza analizzare approfonditamente la reale necessità e l’impatto che questa opera comporta. Un metodo più inclusivo avrebbe portato al suggerimento di progetti più appropriati delle classiche piste ciclabili per il contesto economico, paesaggistico e culturale che i tempi ci chiamano a perseguire.

Vorremmo che si inseguissero un po’ meno, come avvenuto con le amministrazioni passate, i possibili finanziamenti pubblici, sicuramente molti utili ma solo a patto che i progetti siano più focalizzati sulle reali esigenze della comunità nella sua interezza. Ciò per evitare di rivivere l’esperienza dell’ex-ostello “Il Giglio” e la conseguente scellerata realizzazione della scuola elementare o del fallimentare impianto di compostaggio in mano al Cir33, tanto per fare due esempi eclatanti.

Rivolgendoci al cittadino meno attento spereremmo di non apparire come fossilizzati su un unico tema, e se questo fosse quello che crede, ci permettiamo di suggerirgli di chiamare alle loro responsabilità, al pari di chi governa, anche il gruppo di minoranza che, con la sua ormai triennale inesistenza, ha fatto sì che chi prova a stimolare il confronto verso chi amministra, invece che favorirne l’apertura ne provoca la sua chiusura a riccio. Assistendo ai Consigli Comunali, volendo dare il beneficio della buona fede ai “novizi”, si ha come l’impressione di un qualche accordo sotto banco.

Leale, pensato, adulto e privo di rancori, come è giusto che sia, lo scontro è la linfa vitale della politica sana e senza di esso si riduce a un patetico teatrino.
E a perderci sono ancora una volta i cittadini.

da Città Attiva Corinaldo
www.cittaattivacorinaldo.it

Redazione Valmisa
Pubblicato Giovedì 14 agosto, 2014 
alle ore 19:45
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