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Corinaldo, anteprima nazionale: “Ferocia, fateci smettere questo spettacolo”

Sabato 30 gennaio al Teatro Goldoni in scena la riflessione sul femminicidio che parla agli uomini

Locandina 'Ferocia'

 

All’interno della ricca rassegna intitolata “Pigmenti” targata Teatro Valmisa che tocca tre teatri dell’anconetano, sabato 30 gennaio alle ore 21 presso il Teatro Goldoni di Corinaldo, debutta in anteprima nazionale “Ferocia. Fateci smettere questo spettacolo”.

Un tema delicato e purtroppo sempre attuale, quello della violenza sulle donne che sfocia nel crimine più efferato, l’omicidio. Nato cinque anni fa da un progetto dell’autrice ed attrice Betta Cianchini con l’intento di sviluppare una riflessione acuta sul fenomeno del femminicidio,  lo spettacolo, con la regia di Gabriela Eleonori, vede sul palco le attrici Lucia Bendia, Elisabetta De Vito e la stessa Betta Cianchini, alle prese con la narrazione di tre storie. Tre vite diverse che si intersecheranno sul palco, acidamente e beffardamente.

Una giovane donna innamorata, una professionista alto-borghese ed una madre. Tre donne che vogliono raccontarsi, vogliono ricordare e scrollare la nostra attenzione. Un arabesco pulsante di “necessità ed urgenza di parlare”. Tre vicende diverse che si identificano in una barbarie “tra le mura poco domestiche”.

Le storie raccontate – spiega la Cianchini – sono storie italiane. Ognuna mette in scena un puzzle di tante storie. Questo perché mai avrei deciso di raccontare una  storia unica, così com’ è. Questo modo di raccontare la crudeltà del fenomeno mi ha sempre dato il rimando di profanare una vita che già di suo, di soprusi e dolorosa profanazione ne era intrisa”.

Tante storie, insomma, per raccontarne una universale che in tanti modi sempre diversi parla la sola lingua della violenza. Il piccolo claim che segue il titolo è “Fateci smettere questo spettacolo”. Una richiesta accorata che pone l’attenzione sulla valenza di uno spettacolo che ponendosi l’obiettivo di informare, far riflettere, sensibilizzare, parlare direttamente agli uomini, non può fermarsi finché la nostra cronaca continuerà a dare notizia di efferati crimini contro le donne.

Il progetto si ripromette di portare alla ribalta il problema da un punto di vista troppo spesso ignorato: gli uomini violenti sono stati prima di tutto figli, fratelli, alunni quindi mariti, compagni e padri: sono quindi loro i reali bersagli dei messaggi dello spettacolo. Fondamentale quindi la collaborazione con il Centro Antiviolenza BeFree di Roma e il C.A.M. Centro Ascolto Uomini Maltrattanti.

Le parole dell’autrice.
Purtroppo – continua l’autrice – il paradigma mentale (femminile e purtroppo anche quello maschile) è molto spesso lo stesso. Il sentirsi improvvisamente in un film horror, lo dicono molto spesso le donne durante la denuncia, in una gabbia mentale e la paura di uscire dalla stessa. Quindi l’impotenza e soprattutto l’incapacità  di riuscire a raccontare agli altri la verità. Più l’estrazione sociale, culturale ed economica della donna è alta, più il disagio nel raccontarsi è prepotente, potente ed invalidante. E più alta è la percentuale delle donne che mettono piede in caserma o in centro antiviolenza e scappano. Ma non si vuole assolutamente intellettualizzare un Progetto che ha per obiettivo quello di trattare il tema e soprattutto di parlare agli uomini attraverso le donne.
Normalmente dietro queste “operazioni” c’è il crogiolamento nel dolore “tout court”. Questo sarebbe troppo facile e non servirebbe a nessuno, anzi servirebbe ad allontanare l’attenzione della società civile dal problema. Bisogna parlare con “semplicità emotiva nella narrazione” che è cosa ancor più difficile ma tanto più urgente. E bisogna raccontare queste storie perché “spesso anche quando si denuncia… c’è qualcosa che si inceppa… che non va avanti”. Perché tanti casi di donne uccise nonostante la denuncia?
Ecco perché i blitz nei luoghi pubblici, ecco perché la Notte Rossa a Roma (Roma, 2013) con confronto tra Penalisti/e e task Force di Polizia e Carabinieri. Capire il problema – conclude la Cianchini – con chi il problema lo vive, lo tratta e ci lavora. Altrimenti sono solo spettacoli e plastici da guardare la sera comodamente seduti su un divano”.

Note di Regia:

¨Che delle donne di spettacolo si impegnino per un argomento come quello del femminicidio non è solo naturale, ma necessario. E questa necessità bisogna mettere in scena. Spesso tematiche così importanti e tragiche vengono usate più per apparire, per far parlare di sé, che per divulgare “onestamente” l’argomento. Quelli che Sciascia definiva i professionisti dell’antimafia, reputandoli falsamente impegnati nella loro lotta, ad esempio. Spesso, quindi, si diventa “professionisti” contro le ingiustizie per metterci la faccia, ma non l’anima.
L’incontro con Betta Cianchini è stato del tutto casuale. Non ci siamo cercate, non ci siamo in precedenza mai lontanamente sfiorate, ma ci siamo subito trovate. Grazie a Lucia Bendia che ci ha fatto da tramite. Tre donne veramente eterogenee, come età, esperienza lavorativa e di vita, ma con un comune denominatore dirompente: la passione per un mestiere che riteniamo necessario per la comunità. E quando ho letto lo slogan, coniato da Betta, per la presentazione dei suoi monologhi, “BLOCCATE QUESTO SPETTACOLO!”, ho sentito immediatamente questa necessità. Perché i suoi testi ti sbattono in faccia una terribile realtà con tutta la sua ferocia e mentre ti indigni e credi sia impossibile che storie del genere possano accadere, pensi a cosa si potrebbe fare per fermare questo massacro.
¨Intanto parliamone perché le donne che subiscono violenza non riescono a farlo e sono circondate esse stesse dal silenzio di tutti. Rappresentiamole perché chiunque ci si potrebbe riconoscere o come attore o come spettatore. In attesa che in un tempo vicino non ci sia più bisogno di raccontarle queste storie perché nessuno ci si riconosce più!”
Gabriela Eleonori

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