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AR(t)CEVIA, il 6 settembre una serata tra Geisha e Dark Lolita

AR(t)CEVIA, programma serata 6 settembreArtcevia International art festival dedica la serata del 6 settembre al manga visto non come semplice strumento di svago, ormai diffusissimo anche in Italia, ma come una forma espressiva originale, innovativa e profonda. Queste peculiarità consentono al manga di trasmettere frammenti significativi della cultura giapponese e nello stesso tempo di coinvolgere lettori del tutto inconsapevoli di tale sustrato, in nome del processo che i sociologi definiscono glocalizzazione. 


A illustrare e spiegare, anche attraverso immagini, questo aspetto della contemporaneità sono stati chiamati tre studiosi di formazioni accademica, a riprova del fatto che all’universo del fumetto giapponese è ormai riconosciuta piena dignità culturale e che le critiche che ne avevano accompagnato l’arrivo in Occidente erano almeno in parte immotivate.

Si tratta di Maria Teresa Orsi, professore emerito alla Sapienza Università di Roma, traduttrice di testi classici tra cui il “Genji monogatari”, ma anche la prima in Italia, fin dagli anni ’70, ad interessarsi, in chiave di critica letteraria, al manga, e a pubblicare saggi sull’argomento su una rivista di carattere scientifico come “Il Giappone”;  Luca Milasi, docente di filologia alla Sapienza Università di Roma e allievo della Orsi, che di recente, con il testo didattico “Yamato Waki, Non farò sogni effimeri”, ha rivisitato i manga trasformandoli in un veicolo per l’apprendimento della lingua giapponese; Paolo La Marca, docente di lingua giapponese all’Università di Catania, autore a sua volta di un testo didattico basato su un manga, traduttore (è giunto in libreria in questi giorni “Shurayuki-hime” di Kamimura Kazuo) e animatore di un blog molto visitato  (Una stanza piena di manga).

Al centro dell’attenzione saranno le figure femminili del manga che spesso sfuggono alla banale normalità e manifestano tuttavia anche nell’anticonformismo una personalità mai slegata dalla condivisione di valori tradizionali. Proprio in questa apparente contraddizione risiede la principale ragione dell’interesse che esse suscitano da un punto di vista sia letterario sia sociale. Come è facilmente comprensibile, è lo shojo manga, il fumetto scritto per le ragazze, a produrre il maggior numero di personaggi femminili. Questi restano inchiodati ad alcuni ben definiti cliché: una immancabile storia d’amore romantica e impossibile con un principe azzurro ideale, l’aspirazione al successo, il sogno di emergere nel campo della moda, dello sport o della pubblicità, sogno certo condiviso da molte lettrici.

Ma sanno anche manifestare una propria autonomia psico-sociologica. Per di più, indicano, se si analizzano le figure più rappresentative, una chiara evoluzione del genere che, come ha detto la Prof. Orsi, “ha saputo diventare adulto attraverso un coinvolgimento a tutto campo in un esame della società contemporanea e dei suoi problemi. Non un mezzo di pura evasione, ma qualcosa di diametralmente opposto rispetto alle rassicuranti proposte dei primi shojo manga, attraverso un percorso segnato da opere sulle quali è possibile dare giudizi contrastanti, ma che rivelano talento, originalità, spessore intellettuale”.

Proprio questo percorso è al centro della conferenza a tre voci che spazierà su un periodo di oltre 50 anni, da quando lo shojo manga viveva di giovani e giovanissime donne provate dal destino  – che poi era quello di tutti i giapponesi sopravvissuti alla disfatta del 1945 –ma capaci grazie alla loro tenacia di sollevarsi, ai giorni nostri, in cui permangono consolidati stereotipi, ma dove le protagoniste sono spesso predatrici, manipolatrici e sadiche, magari apparendo nel contempo fragili e infantili.

Nel mezzo una evoluzione non sempre lineare che ha prodotto figure diventate notissime anche in Italia, da Candy Candy a Lady Oscar, segnate dallo spirito dei tempi: quello che ad esempio nel post ’68 portava ad una prima sia pur timida rivoluzione sessuale, negli anni ’80 si sostanziava in un frenetico consumismo, e negli ultimi anni si imbeveva di un disagio figlio della fine del boom e della conseguente sensazione di insicurezza.

da AR[t]CEVIA International Art Festival

Redazione Valmisa
Pubblicato Martedì 2 settembre, 2014 
alle ore 17:59
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